SALUTO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO FRANCESCO BUSSI

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Personale scolastico

Gentili Colleghi, gentili Genitori, cari Allievi,

a conclusione di un ciclo di vita professionale è necessario provare a trarre delle piccole somme personali, ricordare dei risultati del lavoro realizzato assieme e dare qualche modesta indicazione per il futuro prossimo, quello che ricade nell’ambito delle cose che ancora possono in qualche modo appartenerci.

Quando mi fu offerta la possibilità di scegliere la direzione di questo Istituto, non ho esitato: volevo che questa fosse la mia scuola. Non c’era al fondo della scelta solo la comodità della sede e il ritorno ad Este che, come per tutti gli atestini, ha un sapore speciale.

C’era innanzitutto la convinzione che questo fosse un contesto di lavoro privilegiato: il luogo in cui la scienza diventa tecnologia e, quindi, applicazione operativa dell’intelligenza. Un mondo idealmente galileiano.
Il termine “galileiano” non lo uso a caso o per piaggeria! Durante il mio primo anno di insegnamento nella scuola superiore nel 1980/81 ero qui, nel biennio di questa scuola. Avevo la mitica cattedra di lettere biennio 14+4. Nella classe seconda utilizzai come lettura per quell’anno “Vita di Galileo” di B. Brecht.

Un testo straordinario di riflessioni sulla scienza, sulla tecnologia, sul coraggio di comprendere che l’innovazione è spesso, semplicemente, la capacità di usare gli strumenti in modo originale, di guardare al mondo con occhi dalle potenzialità aumentate e, soprattutto, di trarre le conseguenze delle rivoluzioni culturali, nei diversi ambiti della vita sociale, fino dentro la nostra quotidianità.
Fu un anno entusiasmante, non fosse altro che per il fatto di aver “governato”, con un testo così complesso, una classe che aveva già fatto fuggire almeno un altro supplente prima di me.

Del resto non ero allora un pivellino, come insegnante, svolgevo questo lavoro dal 1975, come docente di scuola popolare di musica: nell’esperienza di scuola popolare (corsi ministeriali con finalità di alfabetizzazione e di diffusione culturale) avevo capito e sperimentato l’apprendimento per imitazione, in particolare, per far giungere ai risultati attesi i bambini che venivano per divertirsi a scuola di pomeriggio. I presupposti erano semplici, ma fondamentali: “I bambini hanno bisogno di cantare, di cantare assieme e, di lì, assieme, di comprendere e sperimentare come si possa spiegare agli altri il modo di eseguire un brano, attraverso la scrittura musicale”.

1 – Non c’è ambito, non c’è contesto del sapere che non risponda ad un bisogno umano di agire nel mondo e di esercitare le potenzialità che sono intrinseche a ciascuno di noi, in forme e proporzioni differenti. Chi non sa vedere questo nella propria disciplina, o non lo vede più, non può continuare ad essere un insegnante.

2 – Oggi corre molto la moda di evidenziare che l’insegnante è colui che in-segna, scrive dentro l’animo dello studente. Certamente è qualcuno che lascia un segno, ma quasi mai sulla lavagna che lui/lei immagina. Lo lascia su corpo e spirito vivi che reagiscono alle sollecitazioni in modi inusitati, spesso stupefacenti. Ecco che, quando si dismette l’attitudine di farsi sorprendere dai propri allievi e non si è più in grado di guardare al mondo secondo prospettive differenti dalle nostre abituali, sollecitati dalle reazioni altrui, non possiamo più essere insegnanti, anche se i segni negli altri continueremo a lasciarli, purtroppo

3 – Non si può, infine, essere insegnanti se non si sa far vivere nella nostra quotidianità, e quindi essendone in qualche modo esempio, la cultura di cui di diciamo portatori: non è un assunto gentiliano, ma la ricerca di coerenza tra, ad esempio, i principi di democrazia e di responsabilità tecnico-professionale che esercitiamo ogni giorno.

Sono tornato quindi in questo Istituto con un ruolo diverso a distanza di 32 anni. I miei studenti di allora erano già quasi cinquantenni.
Sono tornato con un altro spirito e con altre ambizioni. Prima di tutto volevo provare a dirigere un organismo così complesso e impegnativo. E tale compito, vi assicuro, mi faceva paura.

Ritenevo, però, che fosse importante scegliere e definire con chiarezza quali erano le prospettive che volevo per l’Euganeo, non solo in termini di successo numerico (iscrizioni, classi attivate), ma prima di tutto in termini di impostazione culturale, sociale e umana.

I primi mesi di presidenza furono dedicati a immaginare un piccolo convegno, realizzato poi il 1° febbraio 2013. Il frutto di quell’incontro è ancora presente nel sito dell’Euganeo, sotto forma di e-book. Nulla di strabiliante dal titolo “Accoglienza, Inclusione, Ascolto per il ben-essere a scuola e nella città, atti del Convegno 1 febbraio 2013, I.I.S. “Euganeo” Este (Pd)”: un semplice ritorno alle radici della cultura pedagogica, sintetizzabile nel fatto che al centro della scuola ci sono, e non possono che esserci gli allievi nell’atto dell’apprendere.
In quella occasione mi resi conto di non essere capitato male, per dar forma ai miei propositi! Tra le iniziative documentate della scuola, già vi era un percorso di accoglienza ben strutturato, presentato da Elisa Padrin e da Elisabetta Trivellato.
Un Programma di interventi che negli anni successivi sarebbe stato raffinato e integrato, con l’aiuto di molti, fino a diventare il presupposto organizzativo del Piano formativo individuale previsto della nuovissima riforma dei professionali. Riforma oggi semicongelata dai “pezzi mancanti del puzzle” (atti normativi in grave ritardo!) e talvolta vilipesa dall’incultura nazionale.

Cito un fatto preciso per non lasciare che le mie sembrino affermazioni gratuite e preconcette.

Uno dei capisaldi della riforma è l’unitarietà formativa del biennio iniziale.

Com’è possibile che non abbia subito messo mano al coordinamento della legislazione che regola la cadenza annuale delle ammissioni/non ammissioni alla classe successiva nell’intero sistema dell’Istruzione, con questo nuovo istituto della biennalità nella valutazione degli allievi? E come è possibile, d’altra parte, che organi di stampa tra i più quotati (vedi Sole 24 ore) spaccino l’unitarietà formativa del biennio per “promozione degli allievi al primo anno anche con molte insufficienze?”

4 – Qui entriamo in un altro grande capitolo della professione: la valutazione. Abbiamo il compito di valutare, è vero, ma quando ci accorgiamo di “stagliare” giudizi insindacabili e permanenti, sugli allievi, ma anche sui colleghi, sul dirigente, ecc. dobbiamo convincerci a prendere le distanze dalla scuola, a rinunciare a questo mestiere.

Nulla di più deleterio di vedere il negativo nei nostri allievi, invece delle potenzialità. Siamo abituati, anche per portato normativo, a evidenziare le carenze nei risultati dei ragazzi e spesso a emettere sentenze sulle
cause dei loro insuccessi. Spesso in questo approccio vedo emergere la sclerosi della nostra anima.
Nulla c’è di più mobile, di più ricco di potenzialità, dell’intelligenza dei giovani! Ma si tratta di una potenzialità personale che trova il proprio miglior risultato in un contesto sociale empatico, che sa vedere e sa dar valore, sa far crescere la consapevolezza e l’autoriflessione con l’esempio dell’agire autoriflessivo del docente che si dimostra capace di modificare il proprio punto di vista, cioè capace di apprendere nella relazione con l’allievo e con gli allievi.

5- Per questo, quando anche un solo collega riporta e documenta un punto di vista positivo nei confronti di un allievo è opportuno che tutto il consiglio si ponga il problema di non aver visto gli aspetti più significativi di quel ragazzo. Proprio quegli aspetti su cui far leva per ottenere i risultati migliori.
Proviamo a fare ciò che la riforma dei professionali chiede: vedere e documentare le potenzialità, insieme con i successi, invece di sanzionare sistematicamente gli insuccessi degli allievi.

Se guardiamo con questa lente anche recenti disposizioni sul passaggio al secondo anno degli allievi di prima professionale, ci rendiamo conto di quanto la cultura scolastica sia piena del pregiudizio della “selezione”, come sistema di valori della scuola, “giudicante” e “pregiudicante”, piuttosto che formativa e liberante. Una scuola che talvolta sentenzia, come un oracolo, profezie che si autoavverano e che, nella maggior parte dei casi, ricreano le condizioni per il permanere dell’ordine sociale. Un paradosso difficile da spiegare in una società che dice di fondarsi proprio sulla mobilità sociale.

Per il nostro Istituto, invece, l’attenzione consapevole ai nostri alunni è diventata un connotato distintivo, anche se possiamo certamente fare di più!

Quando sono arrivato in questa scuola, un uomo di grande valore svolgeva il compito di orientare e ri-orientare i nostri allievi: se questi si trovavano di fronte agli insuccessi si rivolgevano all’indimenticabile Fabio Feffin che per ciascuno sapeva trovare consigli e soluzioni. E’ stato un compagno di viaggio impagabile, finché il suo cuore non ha smesso di reggere la grandezza del suo animo.

Ma com’è cambiata la nostra scuola in questi anni.

Innanzitutto la scuola è cresciuta seppure in termini moderati. Ai dati seguenti vanno aggiunti gli allievi adulti del serale, una quarantina.

Anno scolastico    N.° alunni diurno
2014/2015              977
2015/2016              978
2016/2017           1008
2017/2018           1040
2018/2019           1072
2019/2020          1098

Ed è cresciuta non solo in un periodo di demografia calante, ma soprattutto attraversando due momenti di difficoltà non piccoli, legati ad eventi esterni. Il primo è stato il riordino Gelmini che ha spostato l’indirizzo di Liceo delle scienze applicate dall’istruzione tecnica all’Istruzione liceale, imponendo a questo istituto di rinunciare a due indirizzi di studio che erano arrivati a portare quasi il 50% degli iscritti nel 2009/2010.

E’ stato merito di chi mi ha preceduto aver accolto tutti gli indirizzi tecnici e professionali possibili, ma per dar corso alla nuova cultura tecnica è servito un corpo docente, un dirigente e il suo staff disposti a ripensare gli indirizzi di studio, con impegno e cura affinché rispondessero ai bisogni formativi del territorio. Dentro la cornice tecnico tecnologica, senza arretrare per n° di iscritti, l’Euganeo ha ritrovato la sua natura tecnica e professionale. Non posso non ricordare le complesse decisioni assunte con Nicola Ceccon, in primo luogo, per definire le quote di autonomia e rendere originali e funzionali al territorio i nostri indirizzi di studio.

In secondo luogo la crisi degli istituti professionali in genere e di quelli della nostra città, in particolare. Il vecchio Istituto professionale Duca d’Aosta-Fermi è stato gravemente penalizzato dalla frammentazione e aggregazione ai due Istituti tecnici della città: ciò ha comportato che, fino alla legge 107/2015, gli organici del professionale erano separati da quelli del tecnico. Quindi l’organico del “Duca-Fermi”, frammentato in due tronconi, è divenuto sempre più asfittico man mano che le classi diminuivano, con conseguente perdita di identità.

Ma anche i numeri del professionale (ex IPIA “Fermi”) stanno riprendendo posizioni, seppure con le incertezze di tipo ordinamentale e quindi di immagine rispetto all’utenza (due riforme in 8 anni).
Ciò che possiamo dire è che i nostri indirizzi professionali non sono rimasti alla finestra di fronte alle innovazioni della riforma del 2017: credo di poter affermare che ci collochiamo tra le scuole che meglio interpretano la natura propriamente inclusiva e formativa della Riforma oggi in atto.

In questi anni, pur nelle more di innovazioni introdotte a metà, vi è stato un importante impegno a restituire all’Istituto professionale un ruolo, attraverso una originale progettualità mirata (convenzioni con medie industrie del territorio, proposta di qualifiche aggiuntive – quali addetto al servizio di prevenzione e protezione, conduttore di carrello elevatore, saldatore e operatore con i gas florurati – accordi con il comune di Este, con la facoltà di Agraria, con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione, costruzione e direzione di Reti di scuole per la valorizzazione del merito dei docenti, per l’attuazione di accordi con la Regione Veneto per corsi OSS, dedicati agli allievi dell’Indirizzo Sociosanitario, ecc.).

La sfida è sempre aperta! E’ necessario accoglierla “in attacco” sapendo valorizzare appieno le qualità specifiche dei nostri indirizzi tecnici e professionali riformati.
Dal terreno della riforma del professionale non mi sarà concesso di ritirarmi con il 1° settembre, poiché dovrò continuare ad occuparmi di sperimentazioni e misure di accompagnamento, a livello nazionale.
Ma le opportunità davvero importanti di questi anni sono venute dai finanziamenti ottenuti per i nuovi ambienti di apprendimento, per l’alternanza all’estero, per i progetti Erasmus, e dal ruolo che l’Istituto ha assunto rispetto al contesto delle altre istituzioni scolastiche.

Diciamo che l’anno scolastico 2015/2016 – tutt’altro che sabbatico – trascorso all’USR Veneto, ha permesso di maturare ruoli prima impensabili: dapprima la direzione della Rete Veneta dei sociosanitari, poi la creazione di quella nazionale; l’acquisizione del compito di scuola capofila per la formazione docente per l’ambito regionale 22 Padova sud-ovest.
Faccio cenno a questi aspetti, perché sono stati un volano di opportunità.
Le opportunità, però, non servono se non si sanno cogliere, se nel cassetto non abbiamo le idee da realizzare. E’ per questo che le risorse non sono mai abbastanza all’Euganeo. Se ne avessimo di più sapremmo come investirle. Non sono i soldi che fanno la ricchezza, quanto piuttosto la capacità di impiegarli utilmente.
E questo è davvero un portato specifico dell’Euganeo, avere sempre idee, progetti nel cassetto, da realizzare non appena possibile. E questo non è un merito del Dirigente, quanto piuttosto di un corpo docenti creativo e di una struttura amministrativa disposta ad accogliere le sfide dell’innovazione.

Non vorrei dimenticare, invece, quale un mio merito personale, aver affidato ad Anna Siragusa il ruolo di vicario, svolto con passione e grande disponibilità! Questo fatto ha permesso agli altri componenti dello Staff di dedicarsi a dar corpo ai progetti di innovazione. lo Staff con cui ho lavorato in questi anni mi ha dato modo di dar corpo ad una idea di scuola, mi ha permesso di dedicarmi alle relazioni con le famiglie e con gli allievi, di volgere lo sguardo ad ambiti di impegno oltre il recinto dell’Istituto, ma sempre con l’intento di trovare occasioni e opportunità per la nostra utenza.

Diversi gruppi di docenti si sono spesi in contesti significativi, coinvolgendo buona parte del corpo docente:

1. gli ambienti di apprendimento innovativi, e l’innovazione digitale, attraverso il PNSD,
2. la formazione d’ambito dalle lingue straniere, coding, l’inclusività, ecc.
3. le esperienze di ASL all’estero, le certificazioni linguistiche,
4. l’inclusione (il nostro è un istituto che ha saputo fare miracoli per qualche allievo, sottraendolo all’avvilimento e ai fallimenti predestinati, soprattutto ha organizzato un sistema di relazioni tra scuola, servizi, altre istituzioni scolastiche, a garanzia del successo delle azioni messe in atto.)
5. gli sbocchi lavorativi, anche attraverso i corsi OSS

Voglio anche ricordare che talvolta, nella costruzione di relazioni funzionali al miglior risultato per la scuola, si possono commettere errori. Posso dire che negli ultimi anni sono stato davvero felice di veder recuperate ad un grande impegno risorse professionali che forse, non avevo saputo valorizzare fin dall’inizio.

Il mio compito è stato principalmente quello di proporre e di offrire spazi e opportunità, il merito di aver riempito di qualità quelle occasioni è del Collegio e del personale ATA che si è impegnato per il miglioramento della scuola.
Posso aggiungere solo che quest’ultimo anno, vissuto un po’ nella frenesia delle cose da ultimare o almeno da impostare, affinché trovino realizzazione dopo il 1° settembre, è stato particolarmente impegnativo e ricco. Francamente non mi è facile pensarmi fuori dall’Euganeo tra pochi giorni.
Il solo piano di riorganizzazione delle officine e dei laboratori di meccanica, di elettrotecnico, di robotica prevedono investimenti per centinaia di migliaia di euro.

Per avviarmi alla conclusione voglio però ricordare la prima impressione che ho avuto entrando in questo istituto: è stata di avere a che fare con una corazzata parzialmente in disarmo, ma comunque una corazzata, con tutte le potenzialità di una nave di grande taglia: solidità d’impianto, tradizione di lavoro e di impegno, vivacità dialettica che allora correva il rischio di diventare polemica e conflitto interno, a discapito di un indirizzo rispetto all’altro.

Oggi credo sia una corazzata in navigazione che sa reggere il mare, dotata di uno strato profondo di cultura professionale, capace di misurarsi ai migliori livelli territoriali e nazionali, in grado di compiere accelerazioni e virate necessarie nei tempi dovuti.
Soprattutto percepisco il nostro Istituto come un luogo in cui le occasioni di contrasto sanno trasformarsi non in sterili polemiche e conflitto, ma diventare stimoli e sfide per scegliere le soluzioni più efficaci.
Di questa esperienza professionale ringrazio i compagni di viaggio che mi hanno accompagnato in tutti questi anni, ringrazio chi ci ha lasciato per pensionamento e chi ci ha lasciato davvero, ringrazio le forze di recente acquisto, i nuovi colleghi, che riescono a sorprendere per sensibilità e cultura, che riescono a dirci che la Scuola italiana e questa Scuola specifica hanno un futuro.

Un ringraziamento speciale agli allievi e ai genitori che molto mi hanno dato in termini di comprensione dell’articolata varietà del mondo, nella speranza di aver restituito il senso della mia partecipazione alle loro difficoltà, ma anche ai successi dei loro/nostri ragazzi.

Resto convinto, ora come nel 2012, di essere stato fortunato a scegliere la scuola di titolarità: L’Euganeo è una scuola viva e vitale, credo di aver dato il mio contributo a renderla, anche rompendo qualche schema e qualche consuetudine.

Grazie a tutti, allievi, genitori, docenti, personale per avermi supportato (e sopportato!) nelle vicissitudini di questi anni.

“Per aspera ad astra”, in un universo dagli infiniti angoli prospettici!